Se la mucca fa muuu...

Se la mucca fa muuu, perché il merlo non fa meee?
La profonda intelligenza infantile deve darci una mano e farci riflettere: come mai dei concetti di logica a volte non sposano la realtà?
Beh si, forse sono stata un po’ criptica nel mio sillogismo, tuttavia lo trovo estremamente calzante.
Vediamo se così va meglio: in natura esistono tanti fenomeni cui potremmo dare a rigor di logica una spiegazione, la quale però prescinde completamente dalla base scientifica che ha generato realmente quei fenomeni.
Tutto questo per suggerirvi di non credere a tutto quello che sentite, o peggio, di cui siete convinti da tempo, perché così “a naso” ci siete arrivati o perché ve l’ha detto la zia.
In ambito nutrizionale le dicerie e i falsi miti si sprecano ormai da tempo, e con l’avvento di internet e dei social le cose stanno peggiorando, anziché migliorare.
In primo luogo perché di nutrizione ne parlano tutti, ma proprio tutti, e non appena una castroneria è proclamata tutti iniziano a mettere “mi piace” e a “retwittare” compulsivamente. Veri e propri incompetenti sparano la trovata geniale, per imbastire un proficuo personale commercio e via tutti a provare se funziona.
Il caffè verde, il medico giapponese che fa miracoli, la dieta dei gruppi sanguigni, la dieta alcalina, la dukan, la dieta a insulti telefonici e quella delle tisane. Bravi. Ci siete cascati ancora una volta, alla ricerca del miracolo di turno. E l’unico miracolo che vedrete sarà quello dei soldi che magicamente spariranno dal vostro portafogli per riapparire in quello di qualcun altro.

Avremo modo di spulciare per bene le varie perle di saggezza circolanti, ma per ora mi soffermo su una delle mie preferite: le intolleranze alimentari.
Che le valutiate con Vega test, con l’Alcat, il Dria, il capello, la citotossicità, l’esame del DNA, il dosaggio delle IgG o IgM o IgA, l’analisi dell’iride e mille altri ancora, l’avete capito o no che sono delle boiate?
Non lo dico io, ma fior fiori di allergologi, esausti di fronte a diagnosi pressappochiste fondate sul nulla e che costano ai pazienti centinaia di euro.
Per prima cosa, chiariamo questo concetto: i sintomi di un’intolleranza o una razione avversa ad un alimento possono essere cutanei (rash, dermatite, orticaria), gastroenterici (diarrea, vomito, gastrite, esofagite, reflusso, sindrome orale allergica), respiratori (rinite, asma, edema laringeo, congiuntivite) e generalizzati (anafilassi, emicrania, anemia, arresto di crescita).
Tra i sintomi non compare MAI AUMENTO DEL PESO. Stop, fine della storia.
Un bambino celiaco non diagnosticato, che quindi continua a mangiare glutine, può subire un arresto nella crescita e diventare anemico, non ingrassa di certo!
Se invece vi ritrovate nei sintomi sopraelencati e avete dei dubbi, recatevi da un allergologo oppure da un gastroenterolo, che dopo un’approfondita chiacchierata e una visita vi indicherà quali esami fare e come procedere con l’alimentazione.

Ma torniamo ai sostenitori dell’ingrasso causato da un cibo non tollerato. Il nostro corpo è programmato fin dai tempi della pietra a conservare l’energia del cibo come riserva sottoforma di grasso corporeo.  Ingrassare è, quindi, una fisiologica risposta dell’organismo a un eccesso di energia introdotta con gli alimenti rispetto a quella consumata per la sopravvivenza. Ora, è noto che ognuno di noi abbia una diversa globale “tendenza” ad ingrassare e che alla base di malattie come l’obesità ci siano dei fattori genetici e delle disfunzioni a livello del tessuto adiposo, del sistema neuroendocrino e dell’assetto microbico intestinale. Tuttavia, questo non ci autorizza ad inventarci che il pomodoro o il caffè (per esempio) facciano ingrassare di più qualcuno rispetto ad un altro, perché il primo è “intollerante” a quegli alimenti.
Quando vi autoconvincete che questi test siano veritieri “perché mia cugina li ha fatti, ha seguito la dieta e ha perso 20 Kg”, non fatevi ingannare! Le diete da eliminazione che sono prescritte a seguito di un test di “intolleranza” escludono intere categorie alimentari, col risultato che le persone che le seguono iniziano a mangiare drasticamente di meno e di conseguenza introducono meno calorie di prima. Inoltre, nel 90% dei casi sono incriminati tutti i panificati (“intolleranza” al lievito), i dolci (“intolleranza” allo zucchero) e i formaggi (“intolleranza” a latte e derivati), che sono fra i gruppi alimentari più ricchi di calorie.
In conclusione, il problema è il merlo che non fa “meeee” oppure voi che fate “beeeee”?

Foto di Kelly Hau Photography su Flickr [Alcuni diritti riservati]