Iniziare la "dieta" (parte 2)

Avevo già introdotto questo argomento settimana scorsa, soffermandomi su quanto sia importante cambiare prospettiva nei confronti del termine "dieta" e mettere in conto un vero e proprio cambiamento interiore, che precede e accompagna la dieta stessa; oggi lo riprendo partendo dall'importanza del rapporto col proprio corpo e col cibo.

FATE PACE COL VOSTRO CORPO
Generalmente, chi decide di cambiare lo fa perché la situazione in cui si trova non gli va più bene.

Per chi nello specifico decide di cambiare alimentazione potrebbe sembrare naturale e quasi motivante non amare il proprio corpo, anzi addirittura disprezzarlo: queste emozioni negative possono essere ritenute utili per tenere duro durante la dieta e ottenere quello che si desidera, cioè un corpo diverso.
Tuttavia, questa strategia non funziona. Anzi, è proprio controproducente, perché odiare se stessi (o una parte di se stessi) fa letteralmente consumare energia, che invece in un momento di grande cambiamento va preservata e sfruttata al meglio.
E' come se si pensasse di vincere una gara con una tifoseria che insulta e schernisce. E' come se si avesse una costante voce interiore che invece di incitare demoralizzi.
Per cui, se siete nel folto gruppo di quelli che disprezzano il proprio corpo e pensano di poter cominciare una dieta continuando a denigrarlo, state pur certi che otterrete lo stesso risultato di sempre: cioè un fallimento.
Quindi requisito imprescindibile: amarsi e amare il proprio corpo, anche se al momento attuale non è esattamente come lo desiderereste...ma lo sarà, se lo tratterete con rispetto e se vi accorgerete della sua esistenza e importanza, invece di nasconderlo, negarlo e non ascoltarlo. Perdonatevi e amatevi. Solo così avrete l'energia positiva necessaria per affrontare il cambiamento e fare in modo che sia per sempre.
Qualcuno potrebbe a questo punto risentirsi e controbattere: "mi metto a dieta perché mi faccio schifo, se mi piacevo e volevo bene al mio corpo non mi sarei mai imposto/a un tale supplizio!" oppure: "amerò il mio corpo quando sarà più magro".  Non funziona così. Se non vi amate ora farete fatica a farlo anche tra 10, 20 o 30 kg di meno e sarà dura mantenerli quei chili persi. 
Iniziate già da adesso a volervi più bene. Se questo è il vostro tallone d'Achille dovete lavorarci su, e ci vorranno tempo e impegno. Per questo non rimandate a un fantomatico domani, non mettete delle condizioni.
Amarsi è un requisito fondamentale per la riuscita nella vita in generale, e lo è soprattutto in un percorso di sana alimentazione. Amarsi è il principio, e non deve essere confuso con l'effetto o lo scopo di vostre presunte azioni virtuose.

IL CIBO E LA FAME
Mangiare piace più o meno a tutti, con differenze soggettive che hanno migliaia di sfumature diverse. Il cibo innanzitutto rappresenta il carburante del nostro organismo, ma anche l'olio con cui facciamo manutenzione affinché tutto funzioni correttamente. Mangiamo quindi perché ci servono energia e pezzi di ricambio, e il nostro corpo fisiologicamente ce li richiede tramite lo stimolo della fame. Molto spesso, diete squilibrate e/o carenti di qualche nutriente possono sottoporre la persona a una fame importante e frequente nell'arco della giornata. In tali casi non si tratta della famigerata (e spesso usata a sproposito) "fame nervosa", ma di una non adeguata alimentazione del soggetto. Se si fa colazione, per esempio, con latte scremato e biscotti dolci ma senza grassi, sicuramente entro un paio d'ore si avrà una fame smisurata, dovuta al picco glicemico provocato da tali alimenti, che forniscono subito un concentrato di energia pronta all'uso, ma sostano poco nello stomaco e non producono il "lento rilascio" di nutrienti, di cui invece avremmo bisogno nell'arco della mattinata. La regolazione dello stimolo della fame è gestita non solo da glicemia e ormoni, ma da tutta una lunga e intricata serie di sostanze che mettono in comunicazione cervello, intestino e tessuto adiposo, secondo meccanismi ancora non del tutto noti. Numerosi studi hanno messo in luce dei difetti genetici che potrebbero rendere alcune persone meno "regolate" di altre nei confronti della fame. 

Oltre alla fame fisiologica, siamo spinti verso il cibo perché ci piace, e questo è sano e naturale (anche se spessissimo mi sento dire dai pazienti che "purtroppo" amano mangiare, come se fosse qualcosa di innaturale). Amare mangiare di tutto e di conseguenza avere un'alimentazione varia è un fattore positivo per la propria salute. Eccedere nell'alimentazione invece non lo è, anche se è difficile mantenere un equilibrio perché siamo continuamente tentati a esagerare da cibi sempre più appetibili e a disposizione in qualsiasi momento e quantità. Allora diventa importante diventare consapevoli e saper tracciare una linea che separi la fame vera, fisiologica, da quella non-vera, stimolata dal marketing, da abitudini sbagliate, da diete scorrette o da fattori psicologici.

Si può avere, per esempio, una fame incontrastabile perché si mangia troppo velocemente oppure in maniera distratta davanti alla tv, senza dare il tempo ai complessi meccanismi di fame e sazietà di svolgersi correttamente (e nel frattempo si svuota la dispensa); si può provare una smodata attrazione per i dolci perché nell'arco della giornata si spizzicano continuamente troppi alimenti ricchi di zuccheri semplici o bevande dolci e magari si ha un consumo di amidi e carboidrati complessi del tutto inesistente; si può usare il cibo come forma di gratificazione in momenti felici o viceversa, come sorta di ansiolitico oppure come stimolante di benessere ed euforia. Il cibo può diventare un riempitivo dell'anima e il suo uso prescindere pericolosamente dalla fame fisiologica e la sazietà.

IL CIBO COME SURROGATO DI ALTRO
Nessuno mangia solo per nutrirsi, nemmeno gli astronauti nelle sonde spaziali, a cui rifilano surrogati del cibo ma al sapore dei loro piatti preferiti. Il piacere del cibo rende felici, ci mette in comunione con gli altri, ci gratifica. E questo va bene.
Quando la funzione principale del cibo diventa altro, quando inizia ad essere il riempimento delle proprie giornate, quando è l'unica cosa a cui ricorrere quando si è troppo tristi o troppo in ansia o troppo arrabbiati o troppo delusi o troppo soli, un piccolo campanello d'allarme deve squillare nelle vostre teste.
Senza necessariamente arrivare a chi ha un disturbo del comportamento alimentare conclamato, molto spesso persone del tutto "sane" hanno problemi nei confronti della propria alimentazione perché hanno un comportamento disfunzionale nei confronti del cibo. Mangiare diventa un modo con cui tenere sotto controllo emozioni e pensieri. Come avevo già detto in passato, molto spesso sono le diete stesse a generare questo tipo di comportamenti, a causa di approcci sbagliati o eccessiva rigidità.
E' quindi di estrema importanza, prima di iniziare il vostro percorso, porre attenzione al modo in cui vi rivolgete al cibo, alla fame che percepite e se la "dieta" sta alterando il vostro equilibrio o se tale equilibrio non c'era già da prima.
Raggiungere e mantenere un buono stato di salute, senza avere un buon equilibrio nei confronti del cibo, è molto più faticoso se non impossibile. Anzi, ostinarsi a seguire l'ennesima dieta può essere del tutto controproducente e sconsigliabile se non si affronta prima o insieme il "problema cibo".
Potreste magari scoprire che la vostra difficoltà a mantenere un peso "normale", tra una dieta e l'altra, è solo il sintomo di emozioni non manifestate o difficoltà in altri ambiti della vostra vita, ben lontani dal desiderio di avere un corpo diverso.

Ma a questo discorso magari dedicherò più avanti una dissertazione a parte, data la sua ampiezza e complessità. Nel frattempo procediamo con i successivi passi preliminari alla "dieta". Qualche anticipazione? Parlerò di motivazione, risorse e obiettivi. Alla prossima!

 

La foto di questo post è di Charli White su Flickr