Dietista o sommelier?

Quando mi sono seduta davanti al commissario d'esame, per sostenere l'orale del diploma per diventare sommelier, la sua prima domanda è stata: "Lei che lavoro fa?" (sul foglio dello scritto avevo indicato un generico ma tanto confortante "libero professionista"). 

Un istante di esitazione (perché immaginavo la sua reazione), e poi con fierezza glielo dico: "Faccio la dietista!".
E lui, davvero sorpreso, mi risponde: "E che ci fa qui?!". Non ho commentato, ma credo di aver fatto una delle mie ridicole e famose facce alla "sparatemi subito, vi prego".
Ecco, ci risiamo. L'ennesima conferma di quanto la stragrande maggioranza pensi, cioè che se ti occupi di "dieta" sei automaticamente uno che mangia tutto lesso e scondito. Uno che non ha il gusto del mangiare bene (e del bere bene!). E che consiglia ai suoi prossimi malcapitati (i pazienti!) di fare altrettanto. Una volta risposi così, a una persona che mi aveva chiesto se mi piacesse mangiare: "No, dato che sono una dietista è ovvio che io viva di fotosintesi clorofilliana". 
Allo stesso modo, spesso persone che mi conoscono solo professionalmente, ma non nella vita di tutti i giorni, si stupiscono del fatto che io sia anche una discreta cuoca. Ora che sapranno che sono diventata sommelier che cosa faranno? Sarò messa al rogo come le streghe?
Come se saper cucinare e godere della buona tavola, l'essere legata a tradizioni enogastronomiche e capire qualcosa di vino fosse inconciliabile e in contraddizione con l'essere anche una dietista.
Questo però ci parla molto dello stereotipo che in molti hanno in mente della "dieta", questa tremenda (e del tutto temporanea!) sofferenza, in cui tutto ciò che è buono è severamente proibito e che arriva come immancabile punizione alla fine di periodi festivi o poco prima della prova costume. Ma non addentriamoci in questo argomento, che ho già trattato qui e qui, oltre a un simpatico vademecum dei più classici errori che fanno fallire miseramente qualsiasi tentativo dietetico.
 

Perché ho deciso di fare il corso da sommelier?

Sicuramente perché non sapevo che si sarebbe trattato di studiare più di quattromila pagine di libri, per poter sostenere l'esame finale. Cosa che ho potuto fare grazie a un fidanzato premuroso e paziente, all'assenza di figli a cui badare e alla mia professione, organizzabile e gestibile. A parte gli scherzi, da anni il mondo del vino è una passione presente nella mia famiglia d'origine: mio nonno faceva il vino in casa, mio padre divenne sommelier quando ancora non era una moda chic, elitaria e da sbruffoni, ma una passione vera e genuina. Questo mi ha permesso il lusso di bere sin da subito vini di qualità. E questa è sicuramente una buona base di partenza, anche perché mi è stato insegnato ad apprezzare allo stesso modo non solo i grandi e costosissimi vini, italiani e non, ma anche a riconoscere merito a vini poco conosciuti, poco premiati e dal prezzo abbordabile, ma fatti bene, con cura e maestria. 
Sin da subito ho potuto sperimentare quanto un buon vino diventasse ancora più buono se abbinato al giusto piatto, e quanto cibo e vino potessero esaltarsi e migliorarsi vicendevolmente. Ma, nonostante la scuola paterna, mi mancavano tante conoscenze, tecniche e non, per poter essere un pò più autonoma ed esperta dell'argomento.

 

Cosa ho imparato da questo corso?

Il fascino di tradizioni storiche antiche, affiancato alle nuove tecnologie di produzione; la capacità dell'uomo di modulare un prodotto finale a partire dalla gestione della vigna; la meraviglia di ascoltare e affinare i propri sensi per riscoprire i sapori nei cibi e vederli intrecciarsi, secondo regole precise, a quelli del vino. Questo e tanto altro ancora. Inoltre, ho potuto provare moltissimi vini che non conoscevo nelle oltre 40 degustazioni del corso, e scoprire che al mondo esistono non solo i grandi francesi o gli ottimi italiani, ma anche una serie di "chicche" sparse per tutto il globo, ognuna con le proprie particolarità, derivanti dal tipo di terreno di coltivazione della vigna, dal clima, dal vitigno, dalle tecniche di allevamento, dalle tecniche in cantina e, in buona sostanza, dal lavoro incessante dell'uomo.

Che cosa aggiunge questo corso alla mia formazione personale/professionale?

Non che non me ne fossi resa conto in precedenza, ma ho potuto approfondire l'aspetto sensoriale non solo del vino ma soprattutto del cibo. Argomento del tutto trascurato se non addirittura negato nel corso dei miei studi (e questo è un vero peccato). L'importanza di vedere negli alimenti non solo calorie, grassi e nutrienti, ma anche e soprattutto le sue sfumature aromatiche, la persistenza del gusto e le caratteristiche delle diverse categorie di cibi, scoprendo che alimenti classicamente "salati" in realtà hanno una forte tendenza dolce (lasagne alla bolognese, alcuni formaggi, il pesce, alcune carni, ecc.) oppure alimenti apparentemente semplici e poco strutturati (es. un grissino al rosmarino) ci lasciano in bocca un'importante persistenza di gusto dopo la deglutizione (dovuta, nell'esempio, soprattutto all'aromaticità del rosmarino). Un mondo immenso e affascinante, basato sull'affinamento dei propri sensi e sulla ricerca della qualità alimentare, aspetti purtroppo spesso mortificati e trascurati in nome di false e distorte credenze. Mi vengono in mente per esempio quelle persone che pensano di stare a dieta e, quindi, di mangiare correttamente e di farsi del bene, consumando wurstel di pollo bolliti oppure fiocchi di latte magro, abbinandoli a pomodori fuori stagione e zucchine lesse, pure loro non di stagione, accompagnati da pane in cassetta o cracker "non salati in superficie". E magari orgogliosi di essere stati "bravi" pubblicano la foto del lauto pasto su facebook. Questo perché si parla tanto di nutrizione ma in realtà spesso a sproposito, e le persone tendono a confondere calorie e qualità alimentare, sacrificando in nome delle prime la ben più importante seconda. Ecco, non ci siamo proprio.
 

In conclusione, qual è il "take home message"?

Sia che siate degli appassionati di vino o meno, state in campana e ascoltate sempre i vostri sensi.
Non giudicate un buon piatto solo se è abbondante, pieno di intingoli o di zucchero, sovrastato da mille sapori confusi e arroganti. Non confondete lo schiaffeggiamento delle vostre papille gustative con la bontà di quanto state mangiando. E, all'opposto, non considerate dietetico il cibo e le preparazioni meno gustose e sciatte, ed evitate l'acquisto di prodotti industriali solo perché hanno poche calorie. Questo non è saper mangiare, sia che non c'interessi proprio una sana alimentazione sia che si desideri seguire una dieta dimagrante. Imparate a mangiare bene, ma bene per davvero. E se vi piace il vino, bevete bene (= con moderazione e solo prodotti di qualità). Forse solo imparando a trovare il giusto equilibrio tra piacere della tavola e rispetto delle proprietà nutritive del cibo, dando dignità alla qualità di quanto mettiamo nel piatto e non mortificandolo, assumendo delle sane abitudini di vita a lungo termine e apprezzando il cibo a 360° in tutte le sue variegate valenze, potremo davvero stare bene, col corpo e la mente.

E perdonatemi se penso ancora che essere una dietista e una sommelier non siano affatto due cose in contraddizione.

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Nota Bene 1 (soprattutto per gli appassionati di vino):
questo post non è un invito all'alcolismo. Inoltre, non ho trattato volutamente in questo post le tanto decantate proprietà benefiche del vino (innanzitutto perché non le ritengo reali, non nei termini in cui finora l'argomento è stato studiato), perché è bene ricordare che il vino è una bevanda alcolica e l'alcol è una sostanza tossica per il nostro organismo, nonché anche un fattore di rischio per lo sviluppo di diversi tumori. Inoltre l'alcol deprime il sistema nervoso centrale, rendendoci meno vigili e potenzialmente pericolosi per noi stessi e per il prossimo (es. guida..). State attenti quindi! Bevete sempre responsabilmente!
 
Nota Bene 2:
va da sé che non mi sogno manco lontanamente di consigliare di bere vino a chi abbia specifici problemi di salute o sia in particolari condizioni fisiologiche (es. gravidanza e allattamento). Come sempre, ricordo ai lettori che i miei articoli sono rivolti alla popolazione generale e che qualsiasi argomento deve sempre essere personalizzato e ricondotto al singolo individuo, con tutte le proprie peculiarità.

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